di Carlo Bughi
Nell’ambito delle attività del Corso Integrato di Rilievo II e Tecniche di Rappresentazione dell’Architettura II, il metodo LSP è stato sperimentato con gruppi di lavoro di studenti chiamati a progettare spazi di allestimento per la valorizzazione dell’Heritage aventi per oggetto tre realtà specifiche: La Walk Heritage ad Ahmedabad e la fortezza di Nagaur in India, ed alcuni edifici simbolici, pubblici e di culto, demoliti a seguito del sisma in Emilia del 2012.
Il metodo LSP appariva perfetto, non solo rispetto alla possibilità di condurre studenti molto giovani lungo un percorso speculativo complesso ma anche in merito alle finalità primarie che il metodo LSP si propone: il team building. Il progetto integrato e l’approccio pluridisciplinare, sono ormai parte della retorica del progetto ed in modo particolare del progetto di architettura. I progetti di spazi e di comunicazione volti alla valorizzazione del patrimonio culturale aggiungono ulteriori complicazioni/implicazioni disciplinari. La specificità del tema (la valorizzazione dell’Heritage) e l’obiettivo etico e strategico dell’inclusività, proposto dal CHIDeC, rendono ancora più stringente la definizione di processi condivisi nell’elaborazione dei progetti (architettonici, culturali, di comunicazione). Ma come insegnare ai futuri professionisti a lavorare in team?
Per chi ha seguito il percorso didattico fino alla fine è risultato evidente l’effetto LSP sui risultati. Settimana dopo settimana (uno dei fattori inediti della sperimentazione è stato il poter seguire l’evoluzione del processo iniziale e poter comparare i risultati finali con quanto innescato da LSP), si è visto il consolidarsi di una identità dei gruppi di lavoro che ha fatto da collante nel processo di team building. Gli studenti hanno fatto ricorso, fino all’ultimo momento di presentazione del proprio lavoro, alla vision emersa dal workshop, quasi fosse la propria “carta costituente” che, così come è proprio delle Costituzioni non solo normare ma anche stabilire il profilo identitario di una Nazione, è stato assunta quale documento condiviso cui riferirsi nei momenti di crisi e di sviluppo delle idee. LSP, in versione non canonica, è diventato quindi una sorta di “canone LSP”, detto con una metafora musicale, ovvero una composizione a più voci che si esercitano sulla stessa melodia di fondo (l’Heritage) definendone i margini, nel contrappunto timbrico a varie tonalità ed altezze, con vari gradi di dissolvenza.
I risultati dei Workshop LSP sono stati per molti versi sorprendenti. La definizione di Heritage inteso quale respiro vitale e spirituale (‘Atman’ è la parola sanscrita proposta dal gruppo che ha lavorato su Nagaur); o immaginare l’essenza dell’Heritage quale contributo attivo e partecipativo nella difesa e nella costruzione di valori condivisi della memoria e del progetto (come suggerito dal progetto di mostra Shake | Shape | Share del gruppo che ha lavorato sui temi dell’Emilia e che rifiuta una visione sul patrimonio culturale quale battaglia etica da giocare in retroguardia); affondi persino più sottili e complessi, quale l’idea che sottende il progetto Cross The Wall< (sviluppato dal gruppo che ha lavorato su Ahmedabad) in cui attraverso le chiavi di lettura del LOD (Level of Detail), Layer, Life, si arriva alla definizione dinamica di identità complesse (sempre viste attraverso una barriera/filtro culturale, percettiva) ed in evoluzione continua: tali le proposte emerse a seguito delle riflessioni nate in seno all’esperienza del Workshop LSP e maturate nel corso delle settimane.
In tutte le proposte è difficile ritrovare riferimenti ad alcuna definizione conosciuta di Heritage.
Sembra, piuttosto, qualcosa di nuovo